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Il calcio è una cosa importante, per chi lo ama. È, in primo luogo, l’eterna prosecuzione dell’infanzia. Homo ludens, il saggio che descrive come la dimensione del gioco sia presente in molte forme nell’esperienza umana, fu scritto da Johan Huizinga, lo stesso autore del profetico La crisi della civiltà che previde l’arrivo del secondo conflitto mondiale.
Gioco e dramma, infanzia e morte convivono nel vissuto collettivo e individuale. Senza la dimensione ludica la vita sarebbe più noiosa, grigia, inutile. Il calcio è, di tutti i giochi possibili, il re indiscusso, come il leone nella foresta. È però anche molto di più.
È febbre, passione, scienza, cultura, storia, psicologia, economia, analisi dell’opinione pubblica, sentimento e fedeltà. Del calcio si scrive, si discute, si esaminano dati e tendenze. Per il calcio si piange, ci si abbraccia, si litiga, si arriva persino a farsi male, con parole e, talvolta, per gli stupidi che dimenticano la sua dimensione sanamente infantile, anche con la violenza.