Il calcio è una cosa importante, per chi lo ama. È, in primo luogo, l’eterna prosecuzione dell’infanzia. Homo ludens, il saggio che descrive come la dimensione del gioco sia presente in molte forme nell’esperienza umana, fu scritto da Johan Huizinga, lo stesso autore del profetico La crisi della civiltà che previde l’arrivo del secondo conflitto mondiale.
Gioco e dramma, infanzia e morte convivono nel vissuto collettivo e individuale. Senza la dimensione ludica la vita sarebbe più noiosa, grigia, inutile. Il calcio è, di tutti i giochi possibili, il re indiscusso, come il leone nella foresta. È però anche molto di più.
È febbre, passione, scienza, cultura, storia, psicologia, economia, analisi dell’opinione pubblica, sentimento e fedeltà. Del calcio si scrive, si discute, si esaminano dati e tendenze. Per il calcio si piange, ci si abbraccia, si litiga, si arriva persino a farsi male, con parole e, talvolta, per gli stupidi che dimenticano la sua dimensione sanamente infantile, anche con la violenza.
Il football è, nella sua lunga vicenda storica, un fenomeno prevalentemente europeo e latino. Ne hanno scritto Nick Hornby e Osvaldo Soriano, Eduardo Galeano e Umberto Saba, Javier Marías e Giovanni Arpino. C’è nascosto Borges in un dribbling impossibile, c’è Chagall in un lancio no look al centravanti, c’è Toscanini nel colpo di tacco di Ronaldo agli Europei.
Chi ama il calcio sa riconoscere un calciatore, uno dei ventidue, dal modo di correre o di calciare: Tardelli con quelle gambe a compasso aperto e Capello con la schiena dritta e il posteriore all’infuori, Sivori con i suoi calzettoni tirati giù, Maradona con le gambe piccole e veloci come quelle di un giocatore di calcio balilla, Platini meraviglioso e indolente, Falcão con la testa sempre alta, lo scarsocrinito Iniesta che ha sacrificato i capelli al fosforo calcistico, la corsa con le braccia larghe di Cabrini, l’imprevedibile follia del cucchiaio di Totti.
Il calcio è talento e potenza, è fisico ed estro. Ma i campioni spesso non sono iperdotati fisicamente. Non lo sono Messi e Neymar, non lo è Dybala e neanche lo erano Zico, Maradona, Baggio. Conta essere Peter Pan, più che Polifemo, nel magico mondo del football. Date una palla a un bambino e capirete cos’è la felicità. E non meravigliatevi quando vedete qualcuno piangere per una partita persa. Il calcio è il gioco più serio che sia mai stato inventato.
Walter Veltroni. "La vita in novanta minuti".